Quando il basket diventa amicizia
La passione sportiva oltre il tifo
di Michele Fagnani, B.Liver
Due amici conosciuti nella podistica sono accumunati dalla loro passione per il basket, vissuta in maniere diverse, chi più da allenatore, come Flavio Colombo («Coach»), chi più da giocatore e tifoso storico dell’Olimpia Milano, come Ambrogio Ghezzi («Ambro»). Ho raccolto le loro testimonianze. Ne è uscito uno spaccato che copre quasi 50 anni di storia di sport di provincia.
Com’è nata la vostra passione per il Basket?
Ambro: «È nata all’oratorio, dove, giocando a calcio mi sceglievano per ultimo e andavo sempre in porta. Il nostro Don dell’oratorio di Cornaredo creò magicamente un paio di squadre di pallacanestro: ho provato, mi è piaciuto e da allora (1975/76) la mia passione mi accompagna ancora oggi e qualche tiro vado a farlo ancora. Dopo il militare sono andato a giocare a Pregnana, i primi tempi in bicicletta, ma la passione era tanta. Ho sempre militato lì giocando tra la prima e la seconda divisione». Coach: «È nata perché ero una mezza pippa a giocare a pallone. Poi i miei compagni di classe e i miei amici facevano basket e io mi sono aggregato. Era l’epoca delle scuole medie, allora c’era la categoria che si chiamava Propaganda».
Coach, come le è arrivata la proposta di allenare i ragazzi?
«Nei paesi quando finivi tutte le giovanili c’era la prima squadra, se avevi le capacità, oppure niente. Adesso hanno creato squadre amatoriali dove gioca il giovane che non è da prima squadra del suo paese, oppure il vecchietto che ha finito la carriera, un bel mix. Una volta non era così e quindi pur di non mollare l’ambito del basket che mi piaceva, ho iniziato a fare il vice allenatore ad Arluno, dove ho allenato per più di 30 anni. Quando la società ha preso una piega diciamo più professionistica che non basata sul volontariato, le nostre strade si sono divise e ho girato un po’, ho allenato prima la squadra a Paderno Dugnano, poi quella a Pregnana dove ho conosciuto un certo Ambrogio Ghezzi. Ora sono a Rho, dove ho allenato la prima squadra, poi le giovanili, adesso stiamo provando a costruire il minibasket».
Ambro, anche lei ha allenato oltre ad aver giocato…
«Sì, per un paio d’anni quando giocavo in oratorio, quindi prima del militare. Avevamo anche una buona squadra e abbiamo fatto un paio di semifinali del campionato CSI. A quel tempo il problema era la mancanza di strutture, ci si allenava all’oratorio anche d’inverno, spalando anche la neve pur di giocare. Le palestre erano una mosca bianca».
Quanto è importante far capire ai ragazzi che lo sport è divertimento, è gioco di squadra, è spirito di gruppo e anche rispetto per compagni, coach e avversari?
Ambro: «Gioco di squadra vuol dire accettare gli errori dei compagni e incoraggiarli quando sbagliano; vincere, perdere, ma stare insieme è la cosa più bella dello sport e anche della vita; passarsi la palla, perché non è un gioco singolo, e tutti devono esseri coinvolti». Coach: «È la cosa più importante in assoluto nello sport. Dopo la famiglia, l’ambito sportivo è fondamentale per l’educazione e la crescita dei bambini, e io lo metto quasi paritetico alla scuola».
Aneddoti divertenti nel corso degli anni?
Coach: «Con Ambro abbiamo fatto una stagione assieme, io allenando la prima squadra e lui da dirigente. Ambro faceva fatica a venire a vedere le partite perché era troppa per lui la tensione. Stavamo giocando in casa con Bollate, che era una squadra abbastanza forte. Io ero in panchina e Ambro era in tribuna proprio di fronte a me. Stavamo facendo la rimessa nei secondi finali, eravamo avanti solo di uno o due punti. E il nostro pivot ha pensato bene di fare la rimessa e di passare la palla direttamente a un avversario. Per fortuna non hanno segnato, altrimenti per Ambro sarebbe servito un defibrillatore!». Ambro: «Una volta ho fatto perdere la mia squadra. Ne stavamo battendo una un po’ più quotata, mancava pochissimo. Io ho fatto una rimessa dal fondo, ho passato la palla all’avversario: abbiamo perso di un punto. Mi sa che mi sono messo anche a piangere».
Qual è la soddisfazione più grande che vi portate dentro?
Ambro: «Gli amici, che vedo ancora adesso, e la vittoria di un campionato di seconda divisione tramite uno spareggio, a Paderno Dugnano, contro la squadra del San Carlo di Rho». Coach: «Nella sede di Arluno sono esposti le coppe e i trofei che abbiamo vinto. Ma la soddisfazione più grande, lo stai vedendo un po’ anche tu nel mondo del podismo, sono le relazioni che costruisci con le persone. Quando incrocio dei ragazzi che ho allenato e mi salutano con entusiasmo, quello è il trofeo più grande in assoluto. Nell’ambito dei risultati, quando con la prima squadra siamo passati negli anni 90 dalla seconda divisione alla serie D. E poi l’under 18 che nel 2005 ha vinto il titolo regionale battendo Varese, storica rivale».
Ambro, lei che tipo di giocatore era? Faceva punti da tre?
«Quando ho iniziato a giocare la linea da tre non c’era, per cui non so se hai mai visto dei filmati in bianco e nero dell’epoca: ecco, noi andavamo a quella velocità lì. Dopo le Olimpiadi di Los Angeles hanno inserito la riga da tre, io facevo il playmaker per cui qualche tiro ogni tanto andava dentro, ma ho sempre giocato per passione al di là delle capacità».
E lei Coach?
«Io ho fatto tutte le giovanili, ma con gente più grande, mi sono divertito di più l’anno di juniores perché giocavo con quelli della mia età. Non ero bravissimo e non sono riuscito a giocare nella prima squadra del mio paese. Ho fatto due stagioni toccando il campo nelle partite cinque o sei volte, le mie soddisfazioni sono state vincere un torneo aziendale e qualche torneo in giro. Non tanti anni fa abbiamo fatto un torneo al San Paolo di Rho con Ambrogio, eravamo la squadra più vecchietta, però siamo arrivati quinti o sesti, anche grazie all’Ambro che ha ancora una buona mano».
Le vostre tre parole…
Ambro: «Amicizia, Felicità, Gruppo». Coach: «Positività: bisogna essere positivi sempre e comunque in qualsiasi situazione. Felicità: è una scelta, si sceglie di essere felici; ogni momento puoi deprimerti o puoi essere felice, lo scegli tu; e poi chiudo con Amicizia».
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