Ho passato la settimana precedente la maratona di Roma a scoprirmi fin troppo emozionato e concentrato su quell'appuntamento: non riuscivo quasi a parlare d'altro, a rischio di sembrare stucchevole (però mi domando: solo allora lo sembravo?).
Ma cercate di capirmi: non era la prima maratona che affrontavo, ma la 5^; però era la prima che avevo cercato di preparare coscienziosamente, iniziando 4 mesi prima a seguire una tabella, e quasi riuscendosi, influenza e scrutini scolastici di gennaio permettendo.
I segnali degli ultimi tempi non erano eccezionali: un lunghissimo finito a fatica ad Olgiate Olona; le ripetute sui 3 e sui 5 km corse meglio dell'anno scorso, ma non ancora in modo soddisfacente. E poi devo ricordare il fantastico tempo di mio cognato Giamma a Treviso, il 3 di marzo di quest'anno, quando con 2h 54' 26" si è classificato 83°. Insomma, guardando a me, ero combattuto tra un'aspettativa in tono minore (che risultato poteva realisticamente venirne?) ed un'eccitazione crescente per i luoghi che avrei attraversato (essere immersi nella storia: un sogno!), sapendo che il percorso a Roma è integralmente cittadino, senza tratti esterni al perimetro cittadino.
Il numero di pettorale (14294) mi collocava in fondo al gruppo degli iscritti ed infatti sono partito di poco più avanti del palloncino delle 5h, con l'obiettivo di scendere - finalmente! - sotto le 4h.
Vi interessa sapere della sera precedente e della notte?
La cena è stata fuori dai canoni, perché sono stato irresistibilmente attratto dalla cucina romana: tonnarelli cacio e pepe (il formaggio sarebbe da evitare) e abbacchio scottadito con patate arrosto, al posto della più consigliabile pizza. Inoltre vino rosso, non certo birra (e l'acqua? Ma non scherziamo!).
La passeggiata serale è stata allietata dal rischio di venir travolto da un autobus turistico nei pressi del Quirinale (io ero sulle strisce pedonali, ma quello non mi ha neanche considerato - e mia moglie mi ha insultato, perché a Roma non posso comportarmi come a Milano).
La notte è finita presto: alle 6,30 ero già in piedi, prima ancora che suonasse la sveglia. Ed ero pronto talmente presto che sono andato a piedi (2 km) alla partenza, ed ero in anticipo lo stesso: se questo non è emozione, cos'è?
Alle 9,30 lo start e via: si parte.
Ho impiegato 5 km per raggiungere il palloncino delle 4h, ma io puntavo a quello delle 3h 45'. Non l'ho mai trovato: secondo me, non c'era. Anche perché al ritmo al quale andavo, la proiezione del tempo finale mi dava all'incirca 3h 45', o comunque avrei dovuto vederlo più avanti, quando si attraversavano dei lunghi viali (tipo quello di Giulio Cesare, che mi ha ricordato i gialli del Monopoli).
Ho invece trovato una bella giovane biondina ed ho deciso che tutto sommato dei palloncini potevo fare a meno (il Gallotti dell'Ortica può testimoniare).
Peccato però che la biondina al 18° ha iniziato a rallentare e quindi l'ho persa.
Ho trovato di tutto, poi, perché erano rappresentati Paesi di ogni dove: Ungheria, Finlandia, Gran Bretagna, Grecia, Irlanda, Francia, molta Spagna. Anche Stati exraeuropei: Giappone, Messico (la ragazza messicana mi pare abbia apprezzato il mio "Ciao, Mexico", visto il sorriso che mi ha fatto), USA. Poi c'erano due con la maglia della maratona delle Isole Cook: chissà da dove venivano? Volevo chiederglielo, ma poi ho temuto che il mio inglese non fosse all'altezza.
Il costume più carino era sicuramente quello di una donna di servizio giapponese (o di una giapponese vestita da donna di servizio): abitino nero con tanto di grembiulino bianco. Anche lei ha apprezzato i miei complimenti, anche se sicuramente non ha capito una parola.
Ho trovato il tempo - ed anche il fiato - per rimproverare un atleta (credo dell'est Europa) che mi ha colpito con un bicchiere di plastica gettato via senza guardare: un sorriso ed un pollice alzato hanno sancito la pace (fortuna che non ha sbagliato dito!).
Intanto si cominciavano a vedere i crampi, ed anch'io ho pensato bene di rallentare un poco, perché al 33°, su una piccola discesa, ho sentito tirare il bicipite femorale. Dopo uno sguardo al cronometro, ho deciso che le 3h 45' erano un obiettivo che non mi ero posto - e le 4h erano nettamente alla mia portata.
Tra l'altro, questo è stato anche il momento in cui ci hanno fatto correre in centro: piazza Navona, piazza del Popolo, la Fontana di Trevi sono alcuni dei luoghi che abbiamo attraversato, dove la bellezza architettonica e urbanistica, accompagnata al calore della gente (io quasi mi commuovo quando ci sono i bambini che allungano la mano per farsi dare il cinque), ti fa volare, nonostante alcune salitelle e soprattutto il porfido.
Ecco, ormai siamo arrivati, è quasi finita: siamo in piazza Venezia. Passiamo al cartello del km 1 e poi a quello del km 2, ripetendo il tratto iniziale e girando attorno ai Fori ed al Colosseo.
Siamo ancora in gruppo: i partecipanti erano così tanti che era impossibile trovarsi da soli, in qualunque tratto del percorso. Per cui, anche all'arrivo siamo ancora in gruppo , come se fossimo appena partiti.
Io arrivo subito dietro un cileno che solleva al di sopra delle spalle, aperta, la bandiera del suo Paese. E poi c'è anche un papà che taglia il traguardo portando sulle spalle il suo bambino (chissà come hanno fatto a trovarsi, con tutta questa gente?).
Il mio tempo è una grande soddisfazione (3h 54' 59": obiettivo raggiunto), ma spero di aver fatto cogliere che la grande gioia che mi ha preso al traguardo (le lacrime ci sarebbero state bene) e che mi prende anche ora, mentre racconto, non riguarda una performance sportiva, ma un'esperienza di umanità: correre insieme accomuna ed avvicina, abbattendo barriere di qualsiasi genere.
Infatti, dopo l'arrivo, ho abbracciato un altro atleta, sopraggiunto dopo di me, che mi è proprio arrivato addosso, e gli ho fatto i complimenti per la sua prestazione (e ne ho ricevuti). Pensandoci adesso: peccato non fosse la biondina. Chissà dov'è rimasta?
In quei giorni Roma ha festeggiato la vittoria dell'Italia sull'Irlanda al 6 Nazioni di rugby, la pacifica invasione di 15 mila maratoneti e i primi gesti di papa Francesco: abbiamo corso nella storia ed abbiamo fatto la storia.
Lidio
P.S. Ero l'unica Salamella, ma il verde salamella era talmente presente (non solo nel mio cuore) che mia moglie Aurora, facendo delle foto a caso dove c'erano magliette verdi mi ha "beccato" solo una volta, all'arrivo.
Beh che dire!?! Complimenti al Pres!!! L'emozione che pervade questo articolo è contagiosissima!!!!
RispondiEliminaBravo Presidente...ottima prestazione sportiva e ottimo/emozionante scritto!!!!
RispondiEliminaTroppo conciso! :)
RispondiEliminaBravo Pres, Roma città eterna ti ha accolto e tu hai fatto altrettanto.
Senti maaaaaa, la biondina non sarà mica la famosa Francesca di Peppì?
;)
Se mi capiterà di incontrarla di nuovo (e credo proprio di poterla riconoscere), glielo chiederò. Però mi conviene tenere Peppì a distanza, perché.... Ma lo devo proprio spiegare?
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