Erano 30 km, secondo il volantino dell'organizzazione. In realtà erano circa 31,5, anche secondo i cartelli della stessa organizzazione (il mio gps s'è talmente offeso che dopo il 24° km non ha più voluto trovare il satellite, ed era proprio il momento che io continuavo a guardare l'orologio per sapere quanto mancasse, ma lui niente!).
Comunque è una corsa bellissima, per cui ho dato ascolto ad Aurora che mi chiedeva almeno qualche foto del panorama, al punto che per metà percorso ho tenuto la macchina fotografica in mano, anche mentre correvo, ma spero ne sia valsa la pena (vedere sito, please).
1400 iscritti (sold out); sveglia al mattino prestissimo (alle 6 già facevo fatica a trovare parcheggio); sole che illumina la giornata, ma che non "ammazza" gli atleti; organizzazione inappuntabile; ristori ben distribuiti e ben forniti; soprattutto un paesaggio eccezionale, costituito dalle Tre Cime di Lavaredo e dai percorsi che collegano i rifugi afferenti.
Io ho capito fin dalla prima salita
(1 km dalla partenza dal lago di Misurina) che sarebbe stata una giornata impegnativa. Ma chi se ne importa? Andiamo, andiamo e andiamo: prima o poi la salita finisce. Nel frattempo, camminiamo.
Decido fin da subito di non usare la musica nelle orecchie (in realtà all'inizio mi ero dimenticato di accendere il lettore) perché la compagnia è gradevolissima: si tratta della natura, con il fruscio del vento, i colori della montagna, il suono dei passi sui sentieri, il mormorio di qualche ruscelletto che attraversa il nostro percorso. Anche qualche parola sentita o scambiata fa compagnia. Su tutto, il mio ansimare, espressione di un respiro pesante, da qualcuno scambiato per una richiesta di spazio immediatamente eseguita, perché io avrei più "birra" in corpo (con le virgolette, mi raccomando).
Dopo 6 km, il primo rifugio: l'Auronzo. Ed è la fine della prima salita, quella che ci ha portato a 2320 m, dai 1754 di Misurina. Da qui il sentiero è tutto sommato pianeggiante, fino al rifugio Lavaredo (neanche 10 min più avanti), dove c'è anche il primo ristoro.
Poi una bella salita per raggiungere una forcella ed una discesa corribile per raggiungere il terzo rifugio, il Locatelli. Siamo proprio davanti e vicino alle Tre Cime: qui tutti si fermano per fotografare e farsi fotografare.
Mi permetto un attimo di pausa davanti al Monte Paterno, che si trova di fronte alle Tre Cime, per ricordare Katya Mazzetto, una diciannovenne abbiatense sensibile e solare, morta ad una svolta in motorino, travolta da un automobilista che non l'aveva vista, e la cui foto alcuni amici dell'Oratorio S. Gaetano hanno collocato proprio sulla cima di quel monte, più di vent'anni fa, come partenza per una fiaccolata.
Dopo il Locatelli, ancora discesa o piano su un sentiero che attraversa un ghiaione, dove troviamo addirittura delle mucche, e nella posizione più pericolosa: noi passiamo a mezzo metro dal loro didietro: che pericolo!
E poi un'altra forcella, con salita ripida, oltre la quale raggiungiamo il rifugio Pian di Cengia, dopo circa 2 ore e mezza dalla partenza (sto parlando di me e di quelli "umani", perché il primo a quel punto era quasi all'arrivo). Un'altra mezz'ora e siamo al Comici, a metà percorso.
Ultima salita impegnativa, nella quale attraversiamo anche un tratto innevato, ed altra discesa corribile (l'ultima) per raggiungere il sesto rifugio, il Carducci, dove, oltre al consueto ristoro presente a tutti i rifugi, c'è anche un elicottero (che ho visto volare due volte: immagino per ritirati).
Poi, il baratro! Cioè una discesa di quasi 10 km (da 2300 m di altitudine a circa 900) che il volantino definiva tecnica e che io chiamerei orribile (invece che corribile). Qui s'è fatta davvero la selezione e la corsa è diventata fatto individuale e non più di gruppo.
Ogni volta che mi distraggo cercando di guardare l'orologio o il panorama più a valle oppure anche solo mi metto a pensare a cosa potrei raccontare (impossibile qui guardare gli altri concorrenti, e soprattutto le altre concorrenti), c'è il pericolo di beccarsi una bella storta alla caviglia. Ma come si fa a concentrarsi per più di un'ora sui sassi e solo sui sassi?
Ed ecco, puntuale, la storta, quella bella, che mi fa cadere a terra e mi lascia dolorante per qualche istante. Si fermano in due, credendomi in preda a crampi e si meravigliano che mi possa essere procurato una storta in un tratto decisamente meno impegnativo ("una storta qui?"), ma è proprio quando ti rilassi che rischi di più.
Riprendo zoppicando un po', ma soprattutto con minor fiducia nelle mie gambe e nelle mie caviglie: rallento. Rallento talmente tanto che mi supera pure una ragazza che in tutte le discese precedenti avevo giudicata fin troppo prudente e che superavo sempre (lei probabilmente mi superava al ristoro, ma si sa che, da Salamella, ho delle priorità da rispettare).
Dopo un tempo che sembra infinito, arriviamo a fondo valle: mancano 6 km per raggiungere il Palaghiaccio. Finalmente riesco a correre un po' (con pause, perché le gambe mi sembrano contemporaneamente dure e molli: sono un corpo estraneo).
Di questi 6 km meritano una menzione il ristoro più giovane della storia (sono tutti bambini e fanno a gara fra loro per assistere gli atleti) e il breve tratto corso insieme con una ragazza, che ha provato pure ad imbastire una conversazione, ma poi non ha retto il passo (merita la menzione, non il fatto che fosse una ragazza - anche se Frog penserà il contrario - ma il fatto che si sia corso insieme, perché qui tutti pensavano solo ad arrivare, portando il proprio corpo, mai così pesante, sempre più avanti). Comunque in quel momento il traguardo aveva un fascino più appetibile di qualunque donna esistente, per cui non ho rallentato (neanche il minimo dubbio).
L'arrivo al Palaghiaccio è emozionante: transenne, gente che applaude, tappeto rosso, arco dell'arrivo, fotografo, cronometro digitale in bella evidenza. Soprattutto la contentezza di avercela fatta.
Gran bella giornata!
Adesso mi hai fatto venire voglia.....
RispondiEliminaE' lo scopo dei racconti: far immaginare e addirittura far vivere l'esperienza. Se poi lo farai davvero, ne sarai certamente contento (Anna permettendo)
RispondiEliminaComplimenti Pres!!! sei stato grande :-)
RispondiEliminaI complimenti fanno sempre piacere. Ed in questo periodo di saldi costano anche poco :)))
RispondiEliminaAnna permette! Anzi mai dire mai... Magari anche io un giorno....
RispondiEliminaIo ho fatto solo 5/6 km in solitaria salita stamani e non ero proprio così contenta, son sempre a chiedermi: perchè non un bel traforo, un bel ponte, o l'adorata PIANURA padana :)
RispondiEliminaE la discesa? C'è, altri 5/6, ma le ginocchia non cantano di gioia.
Ma il paesaggio? Già! Nonostante le nuvole, ripaga lo sforzo, questo sì, e per questo ti capisco bene.
Comunque io non penso male; constato! :P
Complimenti, sicuramente l'anno prossimo...
... non mi convincerai mai!
;)
"In solitaria": qui sta l'inghippo! Invece la compagnia è coinvolgente e trascina... anche i muli più renitenti (per restare ad animali da montagna, umili e caparbi, ovviamente senza ulteriori riferimenti).
RispondiEliminaE poi, se constati, ci devi essere!!!
Allora, quando aprono le iscrizioni comincio a segnarti?